Il rapporto di coppia e la paura di rimanere soli
Il fidanzamento, la convivenza, il matrimonio, sono il primo passo, di quell’immenso universo chiamato rapporto di coppia. Dal concetto iniziale dell’io, come entità libera da vincoli e responsabilità, alla trasformazione nel noi, con le rinunce e le concessioni offerte sull’altare dell’armonia.
Perché, allora, affrontare questo passaggio?
Potremmo dibattere a lungo, ma non è di questo che volevo parlare, la storia è un’altra.
Nelle immersioni subacquee il sistema di coppia è uno standard ben ratificato e indiscusso. Il compagno è parte integrante dell’attrezzatura. Per un periodo mi sono dedicato alla penetrazione delle grotte nella zona carsica del vicentino. Una delle più famose cavità è la Parolini. Un luogo incredibile, degno ambiente per un romanzo d’avventura. Un’atmosfera percepibile immediatamente all’arrivo, dove, scaricando il materiale nei pressi di un molo, attende immobile una rudimentale zattera. Per raggiungere l’entrata della risorgiva, bisogna attraversare il fiume. La frase propiziatoria non manca mai: Caronte non ti arrabbiare… sull’altra riva si vuole arrivare…
All’imbocco della grotta incontriamo il mitico J. Jacques Bolanz, leggenda della speleolosubacquea, in uscita dopo un’esplorazione e ci fregiamo della sua benedizione. Prepariamo l’equipaggiamento e ci vestiamo curando ogni minimo particolare.
E’ arrivato il momento dell’immersione, formiamo due coppie, io e un istruttore tecnico, mio fratello con un’altro esperto. Entriamo nella parte aerea della grotta, con l’acqua a mezza gamba. La pressione della corrente ci fa subito capire che non sarà uno scherzo.
Arrivati sul bordo del sifone io e la “guida” ci immergiamo velocemente per non disperdere energie. Raggiungiamo il fondo del pozzo a 9 metri dalla superficie e ci fermiamo ad aspettare gli altri componenti della spedizione. Nell’anticamera la situazione migliora leggermente, permettendo un ambientamento alla temperatura e la sistemazione degli assetti idrodinamici.
Nell'attesa di mio fratello e della sua spalla, fotografo incuriosito alcune granate della seconda guerra adagiate sul fondo e mi chiedo che cavolo ci fanno lì?
Dopo parecchi minuti, non vedendo nessuno, decidiamo d’iniziare l’escursione per non consumare aria preziosa. Ci infiliamo per il sifone orizzontale che entra nelle viscere della montagna e iniziamo a spingere di pinne uno dietro l’altro, la corrente è talmente forte,che sembra di non avanzare, ma è solo un impressione. Sebbene lentamente, percorriamo parecchia strada. Il mio compagno, sostenuto da una propulsione più potente, guadagna metri, diventando un piccolo punto luminoso nel buio del cunicolo. Le tenebre sembrano avvolgermi completamente, poco importa il misero illuminatore di cui dispongo. Aumento la mia azione natatoria per mantenere il contatto, ma il tentativo fallisce portandomi ad uno stato d’affanno tra l’ansia e il panico. Mille riflessioni affollano una mente offuscata dallo sforzo, davanti si vede un lieve bagliore impossibile da raggiungere, dietro un terrificante buco nero, mi ritrovo da solo, nel budello della montagna, incapace di ragionare razionalmente.
Dove saranno gli altri? Cosa gli sarà successo?
Una profonda situazione di disagio mi paralizza. La solitudine sembra avere la meglio sulla volontà. Mi sento in trappola, non posso né risalire, né abbandonare la luce guida, il faro del mio compagno per affrontare l’ignoto.
D’istinto inverto la rotta e inizio a nuotare come un forsennato, questa volta a favore di corrente.
Viaggio veloce, senza respirare, tutto d’un fiato, solo con tanti pensieri; la morte, lasciare cari affetti, ricordi, flah back. Vedo le immagini della mia vita scorrere come fotogrammi…
Esco da quell’incubo rispondendo alla domanda iniziale: rimanere da soli fa paura!