DANIMARCA, SKAGEN 2009
Skagen rappresenta la punta estrema a nord della Danimarca. Un lembo di terra proteso tra due mari, una lingua di sabbia che sembra voler fuggire dal continente per raggiungere l’orizzonte. E’ una classica meta negli itinerari di questo paese. Per me rappresenta un sogno, l’ennesimo epilogo di un’entusiasmante avventura. Come ultima tappa del nostro vagabondare abbiamo optato per il camping Grenen situato a pochi chilometri dall’obiettivo.
Arriviamo stanchi dopo la tanta strada percorsa, il bimbo è nervoso, la mamma esausta, io leggermente contratto. Approfitto immediatamente di un loro riposo ristoratore per sciogliere la tensione accumulata con una corsetta esplorativa. Controllo velocemente una cartina della zona, mi cambio in tutta fretta e parto con slancio alla conquista simbolica del territorio.
Imbocco un sentiero che si arrampica su una duna di sabbia tra una fitta vegetazione di arbusti, secondo i miei calcoli dovrei raggiungere il litorale superata la sommità. Dall’alto della collinetta la sorprese e lo stupore sono totali. Un paesaggio da fantascienza post nucleare mi riporta non so perché alle immagini dell’ultima scena del film “il pianeta delle scimmie” distraendo al concentrazione dal gesto atletico.
La spiaggia che appare al mio sguardo è punteggiata da fortificazioni militari sparse disordinatamente. Massicci bunker della seconda guerra mondiale presidiano la riva fino ad un imponente quanto suggestivo faro. Trotterello disorientato tra le rovine focalizzando scritte in codice sulle unità e curiosando tra le feritoie per perforare le impenetrabili corazze. Sembra di correre in un’altra dimensione, i passi affondano pesanti tra la sabbia e piccoli sassolini levigati dal mare e dal tempo.
Il faro che compare e scompare tra le imponenti sagome dei bunker, sembra spronarmi a percorrere la via che conduce a lui. Corro cercando terreno battuto per impostare un buon ritmo, ma il litorale non concede tregua. Se non mi sentissi ormai parte integrante dello scenario, avrei già abbandonato la spiaggia per raggiungere comodi sentieri nell’entroterra. Con il mare al mio fianco ad entusiasmarmi, le fortificazioni sparse ad intrigarmi e il faro a guidarmi, procedo invece imperterrito per la sfiancante strada. Le energie sono ancora tangibili, la psicologia forte e il fiato non mostra particolari affanni.
Dopo una lieve salita raggiungo il faro con ancora una buona spinta nelle gambe. Mi lascio stregare dal fascino magnetico della costruzione guida di tanti naviganti, poi ecco alle sue spalle la famosa lingua di sabbia allungarsi tra le acque. L’estremità non sembra lontanissima, ho ancora margine prima di raggiungere la metà temporale prestabilita, quindi il cosiddetto“punto di rientro”. Scendo nuovamente sul bagnasciuga dall’altura dominata dalla “torre guida” e inizio a correre di buon passo per superare le centinaia di persone in processione “all’ultima spiaggia”. Il terreno è maggiormente battuto e la corsa guadagna la fluidità necessaria per incrementare la velocità.
Il tempo passa inesorabile, ma la meta e veramente vicina. Opto per sforare leggermente gli orari e risalgo il corteo fino al traguardo dove s’incontrano amichevolmente (almeno nella giornata di oggi) i due mari. Correndo sul posto respiro a pieni polmoni il profumo della personale impresa nonché dello iodio ampliamente percepibile nell’aria, poi prendo la via del ritorno già pensando che di lì a poco tornerò nuovamente con la famiglia.
Rallento leggermente la cadenza, le gambe iniziano a risentire dello sforzo appena compiuto. Mi avvicino all’interno per cercare una via più agevole. Solo in questo momento realizzo quanta strada manca ancora prima di poter rilassare i muscoli sotto una doccia bollente.
Il faro continua a rappresentare il punto di riferimento. Alla mia destra una vegetazione a basso fusto di un verde incredibile dona al paesaggio un effetto prateria estremamente rilassante. Riprendo a correre in scioltezza infastidito solamente da una leggera brezza che si è levata dal mare. Raggiungo nuovamente il faro e scruto la zona per trovare il sentiero che conduce alla strada asfaltata. Ma alla visione della spiaggia “fortificata” fisico e il morale si ricaricano per continuare.
“Ma quando mi ricapita di correre in un posto così” penso tra me e mi precipito nuovamente a zigzagare tra i bunker della zona.
Arrivo al campeggio leggermente affaticato ma con la consapevolezza di aver corso veramente ai confini del mondo.
Fino alla fine del mondo