Bologna, villa Ghigi
Il Parco di Villa Ghigi si estende sui primi rilievi collinari di Bologna. Alterna aree coltivate ad altre naturali e offre la possibilità di tranquille scampagnate e splendidi panorami sulla città. Ho scoperto quest’oasi molto “tardi”, ma è subito stato un colpo di fulmine. Al primo contatto, mentre passeggiavo con Rita per la strada che s’arrampica sulla collina ascoltando distratto le storie del luogo da lei narrate, il mio pensiero già correva per i sentieri del percorso vita nascosti nella boscaglia. Con l’arrivo della bella stagione vengo spesso ad allenarmi in questo luogo. Arrivo all’accesso di via san Mamolo sempre molto concentrato per via della scorbutica salita che bisogna immediatamente affrontare per raggiungere il cuore del parco. Solitamente parcheggio lo scooter nelle vicinanze del cancello e parto al piccolo trotto. La strada inizia a salire appena varcata l’entrata, passo tra case, condomini e residence, dove ogni volta fantastico quanto sarebbe bello viverci. Per fotografare parzialmente l’incredibile luogo, posso menzionare alcuni sgocciolatoi lungo la strada dove nelle rispettive vasche vivono placidi pesci rossi in un’atmosfera che oserei paragonare ad un garden giapponese. Il ritmo cardiaco raggiunge il suo massimo in prossimità di un edificio a terrazze, poi la strada concede una leggera tregua fino al bivio dove inizia la “mulattiera” del percorso vita.
Scelgo sempre la via più naturale per godere appieno dei profumi del bosco, ascoltare il canto degli uccelli nel loro ambiente e ammirare il piccolo rigagnolo che affianca il sentiero scendere placido a valle.
Continuo a salire a ritmo poco sostenuto fino ad un sentiero pianeggiante che mi riporta sulla strada principale consentendo un recupero totale delle energie.
Imboccata nuovamente la via, lo strappo si presenta secco e violento portandomi all’incrocio centrale dell'area verde completamente stremato, tra gli sguardi preoccupati di tranquilli ed occasionali visitatori seduti sulle panchine a riposare o immersi in quache lettura.
Seguo lo sterrato che prosegue pianeggiante fino all’accesso di via Gaibola osservando la vallata che si estende alla mia destra tra campi coltivati, frutteti ordinati e pascoli recintati, la città, il caos e il traffico adesso, sembrano molto lontani.
Tocco simbolicamente il cancello poi inverto la direzione per ritornare nella zona centrale per “scalare” la collina fino alla cima.
A questo punto il fisico è pronto per poter correre in scioltezza senza gli affanni precedenti, "il fiato è rotto" come si usa bonariamente dire. E’ il momento in cui posso veramente gustarmi ogni piccolo dettaglio del mondo che mi circonda.
Osservo le mucche che passeggiano nel campo della fattoria sull’altro versante, la fioritura delle gemme e la maturazione dei frutti, mi esalto completamente della natura che pulsa tutt’attorno.
Pochi tornanti portano ad un casa colonica, ma io proseguo aggressivo, sportivamente parlando s’intende, per la “cavedagna” che conduce alla vetta.
Occorre anche attraversare un campo per raggiungere il sentiero che segue il crinale, dove completamente spossati con il cuore in gola si viene sopraffatti dal panorama superbo che si presenta.
Trotterello per riprendere fiato guardando in lontananza Bologna che cerca di sfuggire al mio sguardo stupito, mentre sull’altro versante, lo spettacolo incredibile, fuori dal tempo, dei colli bolognesi appare in tutta la sua magnificenza.
Molte volte sono combattuto se fermarmi ad ammirare lo scenario, o continuare la mia corsa, ma da podista fissato, interrompere l'allenamento è da considerare la soluzione estrema.
Con un ultimo fugace sguardo a fungere da saluto, prendo la via del ritorno scendendo per scoscesi sentieri, con molta attenzione alle asperità del terreno sempre pronte ad insidiare le caviglie.
Arrivo al cospetto di un vecchio casolare di campagna, la villa da cui prende il nome il parco, ed assorbo l’atmosfera rurale del luogo rivivendo nella mia fantasia i fasti di un tempo.
Carrozze trainate da cavalli bianchi che scaricano nobili signori elegantemente vestiti, la musica di archi incantati che esce dal solone principale per accogliere gli invitati alla festa, candele, torce, drappi e bandiere che ornano il cortile, una sera incantata.
Quando corro la mia immaginazione galoppa, andando addirittura oltre il gesto sportivo.
Ritorno al presente e mi preparo per lo sprint finale.
Percorro la discesa al massimo delle mie possibilità per cercare di mantenere e migliorare il tempo registrato l’uscita precedent e, come dice un vecchio detto, “in discesa tutti santi aiutano”.
In prossimità del traguardo, ancora un emozione, la visione di glicini meravigliosi avvinghiati ai terrazzi delle case adiacenti al parco, posso sentirne il profumo invadere il corpo donando serenità allo spirito.
Sono pazzo per il glicine.
“Sono i fiori che ho sempre sognato, splendidi nella loro forma, rilassanti nel loro colore, inebrianti col loro aroma, potrebbero far parte di un mondo parallelo dove si materializzano i desideri” dal libro “il terrazzo dei nanetti extended version va mo là”.
"Una corsa fiorita"